Nel libro "Imparare a meditare nella tradizione cristiana" John Main
risponde ad alcune domande che gli vengono poste, tra cui la presente:
Domanda: Puoi dirci qualcosa di più sull’atteggiamento verso
la parola, sulla sua funzione o su come possiamo considerarla?
Padre John: L'arte della
meditazione consiste nel ripetere il mantra. È semplice, ma impegnativo. Il veramente
semplice assai di rado è facile. Quando eravamo agli esordi, a Londra, andai a
trovare un amico che è monaco di Ramakrishna. Egli disse: “Bene, trovo molto
interessante vedere come voi cattolici stiate iniziando a insegnare alla gente
a meditare. Ora, dimmi esattamente quel che insegni”. E così raccontai all‟incirca ciò che vi ho detto: sedete, sedete eretti,
ripetete il mantra, e questo è quanto. Ed egli mi disse: “Padre John, in questo
consiste esattamente la nostra tradizione meditativa, che abbiamo ricevuto da
Ramakrishna stesso attraverso swami Vivekananda. Ma se andate a dirlo a
un gruppo di occidentali non vi crederanno, perché pare troppo semplice. A
questo punto il mio consiglio è di complicare un po‟ la cosa. Così, quando la gente inizierà a farsi viva,
dite che avete qualche conoscenza esoterica, trasmessa all‟ordine monastico tramite Giovanni Cassiano: questo va
detto, è un nome che suona bene, la gente ne sarà interessata. Ma questa
conoscenza riveste una tale importanza, dovete dire, che non potete
trasmetterla loro se non verranno al vostro centro di meditazione per almeno
dieci settimane o giù di lì. E allora, alla fine, potrete iniziarli”. E, in
effetti, nella Meditazione Trascendentale si deve fare qualcosa del genere.
Il mio amico aveva certamente colto il maggior problema che
molti occidentali incontrano rapportandosi alla meditazione: credere
semplicemente nella sua essenziale semplicità. Dire il mantra è, di per sé,
semplicità. E non si pongono complicazioni riguardo alla tecnica. Ma, tanto per
delineare il corso che la cosa prende per la maggior parte delle persone, posso
dirvi questo: molti di noi iniziano recitando il mantra nella testa. E diciamo:
Ma-ra-na-tha. Nella mia pluriennale esperienza d‟insegnamento, trovo che molte persone devono
recitare il mantra a quel modo per un considerevole lasso di tempo. Poi,
seguendo l‟esortazione di
Cassiano a tenere sempre presente il mantra - quando di notte vi coricate,
quando al mattino vi svegliate, quando vi calate nella preghiera, sempre
preparandovi per la vostra meditazione -, il mantra comincia a radicarsi.
Allora è come se iniziasse a risuonare nel cuore, voi inizierete così a sentire
il mantra a un livello più centrale del vostro essere. Potreste dire che a
questo stadio, definibile come il secondo, voi udite il mantra. Il terzo
stadio inizia quando cominciate ad ascoltare il mantra, e solo allora la
vostra meditazione avrà inizio, con l'inizio
dell'ascolto. Il mio maestro
di solito diceva questo: “Quando arrivi a questo stadio d‟ascolto è come se tu stessi
arrancando su per il fianco di una montagna e il mantra risuonasse nella
vallata di sotto. Più in alto sali, più debole diventa il suono del mantra. E
poi arriva il giorno in cui il mantra sarà completamente fuori dalla portata
del tuo orecchio”. Ve lo dico come incoraggiamento. È stato per me davvero un
grande piacere stare con voi, ma purtroppo domani dovrò partire. Tuttavia è mio
compito ammonirvi che dovete accostarvi alla meditazione con semplicità
assoluta. Non potete star lì a riflettere: “A quale livello mi trovo? Sto
dicendo il mantra? Il mantra sta risuonando? Sto ascoltando il mantra? Di
quanto sono salito sulla montagna? Tutto questo finirà in un paio di
settimane?” La sola cosa che dovete fare è ripetere il mantra in assoluta
semplicità e con assoluta fedeltà. Senza aspettative, “poiché la speranza
sarebbe speranza di cose sbagliate” come ha bene espresso Eliot. La nostra
giustificazione, nel compiere questo, si troverà ricordando le parole di san
Paolo: “Lo Spirito di colui che sollevò Gesù dalla tomba abita dentro di voi e
darà nuova vita al vostro corpo mortale".