Edelweiss P. è una mia amica e co-traduttrice dei libri "I miei viaggi nel mondo degli Spiriti" di Caroline D. Larsen e "Viaggio verso il Padre di Curiosità" di Bruce Moen.
Quando ha condiviso con me questo scritto, mi è piaciuto al punto da desiderare di condividerlo con voi. Eccolo qui, previo suo permesso:
(Dicembre
2022)
…Non è
possibile spiegare cosa accade quando si riesce a fissare abbastanza
sottilmente il focus sull’Osservazione in sé stessa invece che (come di norma)
sull’osservato… Forse l’unica cosa che si può “dire” è la premessa che, però, affinché
ciò riesca ad accadere è necessario che sia stato già (almeno un po’)
sviluppato (e quindi sia presente, “attivo” quantomeno potenzialmente) un certo
livello della Coscienza che permette di SentirSi, invece che soltanto
Sentirsi… (Anche questi sono termini incomprensibili senza prima la
consapevole presenza di quel livello. MA se qualche termine risulta
sufficientemente evocativo/risonante con qualche frammento del Sé, può comunque
destare un qualche grado d’intuizione… D’ALTRONDE, è proprio andando sempre più
a fondo al proprio interno lasciandosi guidare da sottili percezioni che, a un
certo punto, quel livello si svela… che le porte interiori si schiudono e
rivelano nuovi spazi e verità… quindi tentare di “raccontarlo”, pur se può
effettivamente risultare del tutto vano, non è comunque inutile a priori; il
resto dipende dal ricevente…) …Accade che… viene (seppur per un breve, o magari
brevissimo, momento o comunque una fase di durata limitata) trascesa la totale
identificazione con l’ “io” che soffre… perché il focus percettivo viene
spostato dal risultato manifesto sul piano bio-psicologico ( = le emozioni e le
sensazioni fisiche associate, più i pensieri) a ciò che è anche oltre la
causa di quello stesso risultato… La Coscienza viene delicatamente posata,
come una piuma, sull’atto dell’accadere. Sul processo in corso! E
sulla capacità del processo in sé stesso di svolgersi! Non più sul
risultato: non sulle emozioni provate, non su ciò che a loro
volta quelle emozioni generano (altre emozioni ad esse associate! Paura,
dolore, rabbia, tristezza, rimpianto, desiderio, ecc.), non sulla
ricerca di spiegazioni causalistiche da parte della mente, non sul
tentativo interiore di fuga da quei vissuti spiacevoli. Sul processo
dell’accadere! E su ciò che lo permette! Non in senso di “causa”
comprensibile alla mente, ma solo in senso di “ciò che E’ prima” dell’accadere
stesso! Prima dell’accadere! Non del “cosa” sta
accadendo! Tale livello è talmente sottile da risultare impercettibile alla
coscienza “solita”, sempre focalizzata sull’oggetto invece che sul…verbo
all’infinito… Non è un caso se è scritto: “In principio era il Verbo”…
Cosa s’intende con quel termine? Non può essere compreso finché non viene
Vissuto. In Principio… ossia prima di ogni “cosa”… è l’Essere! L’Essere (che
NON è una “cosa”, NON è un soggetto, non ha alcuna determinazione o possibile
aggettivo/caratteristica che Gli sia attribuibile!) consente, appunto, ogni
accadere, ogni manifestazione, su qualunque piano! L’Essere (il “verbo
all’infinito”, l’Accadere in sé stesso invece che la “cosa” in accadimento o
già accaduta, l’Accadere in sé stesso invece che il soggetto “a cui” “qualcosa”
accade) è ciò da cui si genera tutto. Ed è ciò che Si E’ Realmente. Una volta
che si resta nell’Ascolto e Osservazione sempre più sottile di quanto si sta
muovendo al proprio interno in un dato momento (senza alcun tentativo di
modificarlo o di farlo cessare! Senza proiettarvi sopra alcunché!), ecco che Si
è nell’Amore! Lo si percepisce! E’ puro Amore. Non è sentimento. Non è
emozione. Non è “sollievo” dalla sofferenza. Non è ricerca. E’ qualcosa che
trascende tutto ciò che è duale! Si è nel cuore stesso dell’Esistenza! Ciò che
accade allora è semplicemente Magico: Si è il Pieno stesso! Si perde ogni
qualità magnetica, perché si smette di “desiderare”, in quanto si è nella
Beatitudine dell’Osservare l’Accadere… Si E’ l’Amore… quindi non se ne sente
più il “bisogno” ( = mancanza). Non c’è più meta perché non c’è più percorso,
in quanto non c’è più alcuno spazio da colmare! Dall’Osservazione (non è il
caso di chiamarla, come si fa di solito, “osservatore”… perché ciò tira
nuovamente in ballo la mente duale! Il Processo NON è né l’oggetto né,
soprattutto, il soggetto! Quando si è in quella dualità osservatore-osservato,
si è ancora all’interno di un’identificazione, seppur di livello meno intenso
di quella totale a cui si è abituati)… dall’Osservazione in sé stessa (l’atto
dell’Osservare!), Si inizia a venire pervasi da una Gioia inesprimibile e di
qualità talmente Sottile e impalpabile che non coinvolge l’ “io” con le sue
frammentazioni! Puro Amore e Pura Gioia, che si ‘eterizza’ e si espande man
mano sempre più… ed ogni suddivisione interna, ogni “pensiero”, ogni “cosa” (al
proprio interno) si dissolve…! Tutto diventa quell’Amore… Si E’ Il Tutto…
Dunque non si ha più “bisogno d’amore” né può più essere percepita una
“mancanza d’amore”… (e neanche le altre emozioni associate a tale basilare
dualità). Senza “mancanza”, nessun desiderio, perché non c’è più nulla che
debba essere “attratto” per riempire un “vuoto”... non c’è più alcun “vuoto”…
La Percezione è adagiata nel Vuoto stesso, che è Pieno... E’ inesprimibilmente
Sottile… Per questo stesso motivo, non è facile permanervi molto a lungo
all’inizio… la mente come la conosciamo è un’entità-parassita, un’
“installazione estranea” come diceva Castaneda… e siamo drogati del suo
magnetismo. Ma Non è ciò che Siamo. …Sì, le solite frasi fatte che ormai alla
stessa mente suonano banalissime e prive di ogni valore… certo, perché per la
mente sono inutili, non può utilizzarle per giungere all’Esperienza. Ma
l’Esperienza Viva dell’Amore è altra cosa dalle parole! La mente non potrà mai
conoscerLo. Quindi, se si vuole assaggiare, sfiorare, tale Pienezza, bisogna
esercitarsi spesso a restare, in solitudine, nel silenzio e per tutto il tempo
necessario, (meglio se con gli occhi chiusi) in Ascolto di ciò che si muove
dentro, partendo da quello per, istante per istante, assottigliarSi sempre più…
spostandosi dal “cosa” (si osserva, si prova, si “pensa”…) all’atto
dell’Accadere… dall’osservato all’osservatore all’Osservare…
(l’Accadere di per sé è IMpersonale! Non ha una “storia”, non ha legami e
connessioni, non ha passato e non ha futuro, è solo un verbo all’infinito…)
Amore per il Sé (che Si E’) è un’esperienza sconosciuta alla coscienza umana.
Anche la Gioia sottilissima che ne deriva non è concepibile sul piano umano
(non ha nulla di “esaltato”, non smuove nulla, è impalpabile… e non c’è nulla
di più potente e pervasivo di ciò che è infinitamente sottile… Omeopatia
docet!). Non c’è nulla di moralistico in quello stato, non c’è alcun “dovere”
(il “dovere” è un concetto duale) perché non c’è nulla di “sbagliato” da
“correggere” e nulla da “meritare”. Nulla da “dare” e nulla da “ricevere”. Da
nessuno. Si è già Tutto in sé stessi. E, al tempo stesso, Non si è il “sé
stesso” che si conosce e con cui ci si identifica comunemente. Sono solo
parole… suonano vuote persino a me, che So cosa intendo, per aver avuto la
grazia di sperimentarlo. Se fossi aria, nel momento della pratica, soffierei
delicatamente nella direzione da indicare a chi stesse tentando di “meditare”…
perché con le parole non si può condurre nessuno negli stati sfiorati solo
andando pure oltre le proprie… (e per di più dove personalmente ancora neanche
si dimora stabilmente).
Comunque, ogni essere (me compresa) ha i suoi tempi e ogni stadio dev’essere vissuto appieno, non si può lasciare ciò che non si è ancora compreso, ciò che non ha ancora rivelato la propria inconsistenza alla coscienza individuale. Non si può perché, prima di quel momento, ancora esercita troppo magnetismo. Questo piano è difficile. Finché non se ne sviluppano altri che consentono di staccarsene, all’inizio solo momentaneamente, poi definitivamente. Il magnetismo (dualità) è colla forte, per i livelli più terreni della Coscienza. Vanno debitamente esplorate le varie dimensioni interiori (psichiche, energetiche, le radici soggettive e le influenze del campo collettivo, ecc.) prima di poter aspirare a trascenderle concretamente. Ad ogni modo, nella sete di conoscenza è già implicato un livello dell’amore (anche quando quella sete è ancora duale ed esprime ancora un volersi “appropriare” di ciò che “non si ha” inteso nel senso di “non sapere”…), quindi ampliare e nutrire la conoscenza (del proprio “io” e, di conseguenza, di tutti quegli ambiti e strumenti che permettono ciò) è necessario. Non si può trascendere ciò che si rifiuta poiché giudicato “sbagliato”. Non si può dare ciò che non si E’. Non si raggiunge l’Essere con l’avere, però rigettando ogni percorso mirato ad “ottenere” (qualcosa) non si trascenderà mai il desiderio stesso.
Addendum
Tale stato
di Trascendenza della dualità può essere ‘raggiunto’ partendo da entrambe le
polarità dell’esperienza; pur se in questo scritto sono state citate emozioni
che solitamente vengono vissute come spiacevoli (“paura, dolore, rabbia,
tristezza, rimpianto, desiderio, ecc.”), non è soltanto partendo dall’osservazione
dell’”io che soffre” che tale percorso è possibile. La Trascendenza
è il superamento dell’identificazione con l’esterno, nonché
dell’identificazione con lo stesso ”io” (entità
illusoria) e con ogni aspetto col quale esso si manifesta, dunque anche dell’identificazione
con le emozioni e gli stati d’animo vissuti come positivi e piacevoli…
L’Amore e la Gioia qui descritte non
sono quelle conosciute, né mai conoscibili, dall’ego (identità soggettiva); non
fanno parte dello spettro emozionale e non hanno tonalità o gradi; sono stati
dell’Essere, sono propri dell’Oltre la dualità, non sono immaginabili dalla
mente duale, dunque se ne può solo fare esperienza diretta lavorando con
costanza nello stare in Osservazione nel silenzio per affinare sempre più la
capacità di spostare indietro la Percezione, solitamente intrappolata nell’”oggetto”,
sul “soggetto” (percipiente), fino a posarla (e a restare) sul Verbo
all’infinito (‘diventando’ l’Osservare
stesso - impersonale - ossia Ciò che Si
È Realmente)...