giovedì 6 giugno 2024

Una narrazione che mi ha lasciato senza parole...

Dal libro "Il Borghese" di Vittorio Feltri.

"(...) Un giorno (...) ci fu un incidente. In un nostro servizio troppo disinvolto, rievocammo una vicenda di terrorismo che conteneva varie inesattezze, alcune riguardanti Andreotti, eterno presidente del Consiglio. Il quale si indispettì e mi chiese, tramite il presidente della Rizzoli, Giorgio Fattori, di recarmi a Roma, a Palazzo Chigi, per delle delucidazioni in merito. «Andreotti è incazzato nero, cerca di chiarire» mi raccomandò Fattori.

Con le pulsazioni cardiache a mille, mi presentai nell’anticamera del suo ufficio, a Palazzo Chigi. Dopo tre minuti, si aprì una porta e Andreotti si affacciò invitandomi a entrare. Sospettavo una imminente lavata di capo. Stavo per sedermi su una sedia posta davanti alla sua scrivania quando il presidente esclamò: «No!». Restai di sasso. Poi aggiunse con pacatezza: «Venga qui, la prego», indicandomi una poltroncina che non stava dal lato opposto alla sua postazione, bensì proprio accanto a lui. Presi posto aspettandomi da un momento all’altro il cazziatone. E invece no. Giulio mi coprì di complimenti e cortesie.

«Come sta sua moglie?», «E i suoi figli?», «Come si chiamano?», «Come si vive lassù, a Bergamo?», «Come si sente?», «Cosa ha provato quando i suoi le hanno fatto due mesi di sciopero dato che non gradivano la sua nomina a capo della redazione?»; per una buona mezz’ora fui sommerso dalle domande, rivoltemi da Andreotti con un sincero, o ben simulato, interesse. Ne restai piacevolmente sconvolto. Non capivo più un accidenti. Ero completamente disorientato. Nonostante l’atmosfera fosse ormai rilassata, continuavo ad attendere rimbrotti e lamentele, che non giunsero mai. Quel giorno ricevetti solo attenzioni e premure.

Andreotti, dopo essersi assicurato di avermi pienamente gratificato, cortesemente mi congedò. E nel congedarmi, proprio sulla soglia del suo elegante ma modesto ufficio osservò sommessamente: «Certo, anche il suo di direttore è un lavoro che comporta grandi responsabilità. Richiede una certa prudenza…». Poi fece un accenno di sorriso e scomparve, inghiottito dalle sue segrete stanze.

Tuttora mi chiedo se Andreotti, incontrandomi quel dì, abbia voluto conoscermi per capire se fossi o meno una sorta di mascalzone o per condizionarmi senza darmi nessun avvertimento e senza chiedere alcun favore. Il sommo potere è ottenere senza domandare. E in questo Giulio era perito. Mi sovvengono le parole della mia cara amica Oriana, la quale, a proposito di Andreotti, scrisse: «Il vero potere non ha bisogno di tracotanza, barba lunga, vocione che abbaia. Il vero potere ti strozza con nastri di seta, garbo, intelligenza»."