Era una questione di
rabbia, di voglia. A Barletta non avevamo niente e volevamo tutto. Eravamo
cinque figli, quattro maschi e una femmina. Mio padre Salvatore era sarto, mia
madre Vincenzina lo aiutava, a me toccavano i lavori più umili: fare i piatti,
pulire la cucina, lavare i vetri.
Avevo tre anni quando
mamma mi mandò a comprare un bottiglione di varechina che mi si aprì nel
tragitto, porto ancora i segni sulle mani. Papà veniva da una famiglia di
undici figli, due si erano fatte suore perché non c’era da mangiare a casa.
Quando ho iniziato a
correre, i calzoncini me li cuciva lui. Oggi non mi entrano più, nemmeno al
braccio, ma li tengo ancora. Le prime scarpe da gara le ho prese più grandi,
dovevo ancora crescere, sarebbero durate.
La tv non la tenevamo,
si andava al circolo degli anziani, era su un baldacchino, pagavamo 50 lire per
vederla. Ecco perché la rabbia ce l’avevo dentro”
Pietro Mennea,
l’infinita ‘Freccia del Sud’
https://athletamag.com/lestate-di-pietro-mennea/
Tratto da https://www.facebook.com/athletamagazine/posts/1251642785289577